Pubblicato in: Quaderni di Gestalt Anno XVIII, I disturbi alimentari, n. 34/35, Edizioni H.C.C. – Human Communication Center, Centro di Comunicazione Umana 2002.
“…ci auguriamo che in questi luoghi ove popoli diversi si incontrarono e seppero convivere creando fenomeni di assimilazione di culture e costumi anche la comunità gestaltica possa creare momenti speciali di comunicazione e incontro con il rispetto delle differenze e il desiderio di intendersi”.
L’VIII Congresso Internazionale e il Nazionale FISIG di Psicoterapia della Gestalt ebbe luogo a Napoli nel novembre 2002, con delega ricevuta dall’assemblea del Congresso di Rio de Janeiro. La consuetudine prevede che il paese che ospita l’evento passi l’organizzazione del successivo, scegliendolo tra quelli che ne fanno richiesta. Fu l’Italia a prendere il testimone e Napoli la sede designata.
In quell’epoca ero presidente della FISIG, la Federazione Italiana Scuole e Istituti di Gestalt. Quando iniziammo eravamo in quattro. In seguito ci furono difficoltà nel gruppo degli organizzatori e sebbene io e Margherita avessimo fatto di tutto perché il comitato non si sciogliesse, due si ritirarono.
Seguì un momento di sgomento, come proseguire? Quasi stavamo per declinare l’incarico, ma non me la sentivo di arrendermi. Lo dissi a Margherita: “Se resti al mio fianco ce la faremo, io sono disposto a proseguire”. Accettò. La nostra fu una collaborazione a distanza, lei in Sicilia, io a Napoli. Ricordo con molto piacere e un po’ di commozione l’impegno e la determinazione che mettemmo entrambi. Non contarono più le visioni di scuola e di appartenenza. Lavoravamo per la comunità internazionale che ci aveva dato il mandato. Il progetto organizzativo, il taglio del Congresso, le proposte e le opinioni, erano scambiate per e-mail o per telefono, quasi ogni giorno, per mesi, ed era facile trovare l’accordo. Non fu un percorso facile. Ci furono ancora ostacoli.
Qualche mese prima dell’evento scoprimmo che un altro congresso, anch’esso internazionale, si sarebbe svolto a pochi giorni dal nostro, a Roma, organizzato da quelle stesse persone che avevano fatto parte del nostro gruppo originario. Che brutta cosa. Assorbimmo il colpo e non demordemmo. Scrissi per la prima pagina della brochure “…ci auguriamo che in questi luoghi ove popoli diversi si incontrarono e seppero convivere creando fenomeni di assimilazione di culture e costumi anche la comunità gestaltica possa creare momenti speciali di comunicazione e incontro con il rispetto delle differenze e il desiderio di intendersi”. Volemmo che ogni orientamento avesse pari spazio nelle numerose tavole rotonde, workshops, mini lecture e nelle plenarie.
Il Congresso ebbe come centro di attenzione il confronto tra i due principali filoni di scuola della Gestalt di oggi, quello rappresentato da Claudio Naranjo e quello della scuola di New York, rappresentato da Dan Bloom. Ma come contorno di tutto rilievo si parlò, si fece dibattito e molta esperienza. Gestaltisti provenienti da varie parti del mondo portarono le loro ricerche, i loro modelli e mostrarono il loro fare, i modi e i campi del loro lavoro in azione.
Chiaro, ci furono sbavature e disfunzioni nell’organizzazione, disaccordi e confrontazioni, a volte dure, tra i relatori. Ma si parlò e si ascoltò, forse per la prima volta in maniera così aperta e chiara. Ci fu la possibilità di sapere dal vivo cosa pensassero come si proponessero persone che pur sapendo l’uno dell’altro mai si erano incontrate. Forse non vorranno incontrarsi mai più o forse sì. Chi sa.
Tra i partecipanti furono numerosi gli allievi delle nostre scuole di formazione, quelle della FISIG, riconosciute dal Ministero dell’Università, che per la prima volta potevano partecipare ad un evento di così ampia portata e sentire le varie voci della Gestalt. Ripensando dopo anni al Congresso di Napoli, mi confermo che il nostro approccio ha veramente una grandissima potenzialità. Sono sempre più convinto della sua natura integrativa e dell’ampiezza degli spazi di intervento che offre.
La Gestalt può accogliere e assimilare ai suoi fondamenti stimoli che provengono da altre tradizioni terapeutiche, e non solo da quelle. Assimilare vuol dire “fare uno”, diverso dal mettere insieme indiscriminatamente.
Per questo suo potenziale la cultura gestaltica cresce e si espande sempre più, e si arricchisce, senza perdere identità.